Torre del Greco

Il matrimonio tra Torre del Greco ed il corallo dura ormai da circa 200 anni. E non sono stati anni sempre facili: crisi, difficoltà, tradimenti, insidie di altre città. Come in tutti i matrimoni, vi sono stati alti e bassi. Quel che è certo, al tirar delle somme, considerando i pro ed i contro, bisogna riconoscere che è un matrimonio felice, stabile, fortunato.

Pescatori di Corallo di Torre del Greco

In verità, il rapporto tra Torre del Greco ed il corallo è cominciato molto molto tempo prima del 1800. Già nel ‘400 i torresi erano conosciuti quali pescatori di corallo. Ma perché la pesca del corallo divenga la principale attività della città: dobbiamo attendere il ‘600. Solo e sempre la pesca però, non la lavorazione: tutto il pescato era rivenduto a prezzi di fame agli Ebrei che soggiornavano a Livorno e Genova.

Vita dura, guadagni pochi. A questo si aggiungevano i pericoli, sempre in agguato, quando si va per mare. A parte tempeste, bufere e naufragi, i rischi maggiori venivano dai predoni nord africani. Non era infrequente che questi catturassero interi equipaggi e che poi – dopo averli depredati delle navi e del carico – chiedessero soldi in cambio della vita dei prigionieri. Questo “vezzo” divenne tanto frequente che a Torre fu istituito il Pio Monte del Marinaio, una sorta di Società di Mutuo Soccorso che veniva finanziata con una decima da tutti i marinai torresi (a quei tempi erano circa 4.000 su una popolazione di 15.000 anime). Il Pio Monte interveniva a sua volta per riscattare i prigionieri, per mantenere le vedove dei marinai, e per “dotare” le figlie orfane di questi.

La lavorazione del Corallo a Torre del Greco

La lavorazione del corallo ebbe inizio a Torre del Greco nel 1805 e vi fu portata da un francese di Marsiglia, tale Martin, il quale in cambio di un buon ingaggio e della promessa fattagli dai Borboni di esentarlo dalle tasse, trasferì la propria bottega a Torre e segnò l’inizio dell’ascesa della nostra città. Gli affari andarono subito a gonfie vele. Dai 30 operai con cui era partito, ben presto Martin nella sua bottega poté annoverarne ben duecento. Presto i primi operai di Martin si misero in proprio: non dimentichiamo che Torre contava pur sempre su una flotta di 300 coralline che andavano a pesca di corallo. Fu naturale che questo pescato prendesse le vie delle nostre botteghe, anziché quelle di Livorno, Genova, Marsiglia le quali città, non alimentate dal grezzo, presto declinarono.

La lavorazione del Corallo e del Cammeo oggi

Passando attraverso varie vicissitudini, superando due guerre mondiali, oggi a Torre del Greco circa 4.000 persone, dopo 200 anni, si tramandano – da padre in figlio – l’arte della lavorazione del corallo e del cammeo.

Ogni periodo di questi 200 anni è stato interessato da una moda, da un modo diverso di lavorare il corallo. Esiste così un periodo neoclassico, nel quale le forme erano austere ed eleganti, un periodo frutti e foglie, nel quale si utilizzarono minuscole incisioni di frutta, fiori, foglie, che combinate insieme e montate in oro, davano effetti di straordinaria bellezza.

Il periodo tra le due guerre vide scarseggiare notevolmente la materia prima. Si cominciarono a rovistare i pozzi nei quali erano stati gettati gli scarti della lavorazione. In periodi di vacche grasse, con la materia prima che costava un niente, veniva infatti utilizzata solo una parte del grezzo, quella più facile da lavorare. Ora che le vacche erano magre, anzi magrissime, questo corallo tornava buono da lavorare. Così nacque la moda del “tessito”, piccole sfere – ricavate dal corallo di risulta – intessite insieme intorno ad una sfera di legno. Occorreva tanto, tanto lavoro per tessire una sfera. Lavoro sul corallo prima e di tessitura poi. Occorreva fare dei pallini di corallo perfetti, della stessa misura e selezionare poi quelli dello stesso colore. Infatti, se questi non erano ben tondi, oppure avevano qualche difetto, o, peggio, erano di misure differenti, immediatamente queste manchevolezze saltavano agli occhi in quanto la tessitura non risultava perfettamente allineata. Lo stesso dicasi del colore: quando questo non era omogeneo, immediatamente si notava! Ma quando i pallini erano perfetti, tutti uguali per misura e colore, allora l’effetto plastico e cromatico era eccezionale!

Nel 1991, in occasione della mostra “Rouge Corail” tenutasi presso il Principato di Monaco, la Rajola ha presentato una collezione di gioielli realizzati in corallo “tessito” che ha riscontrato l’ammirazione delle loro Altezze il Principe Ranieri e i principi Stefanie ed Alberto, nonché uno straordinario successo presso le oltre 200.000 persone che hanno visitato la mostra.

Non possiamo dimenticare, venendo ai giorni nostri, quanta parte nella moda abbiano avuto, ed abbiano, i torchons fatti da più collane di piccole sfere di coralli intrecciate insieme di grande effetto e di contenuto prezzo.